Per fare chiarezza, gli eventi di marzo 2023 proseguono quelli dello scorso autunno: allora avevamo assistito al quasi crollo del mercato britannico degli LDI basati su derivati. Anche la volatilità dei tassi non è un argomento nuovo. La stretta monetaria del 2022 si sta facendo sentire. Il dato fondamentale è che il rapporto debito/PIL è in aumento nel settore pubblico e privato a livello globale da quattro decenni e che ora si sta scontrando con il più forte aumento dei tassi di interesse degli ultimi 40 anni.
Per fare un paio di esempi, il rapporto debito/PIL delle imprese statunitensi non è mai stato così alto come alla vigilia di una recessione. Il debito pubblico statunitense in rapporto al PIL è al 120%; nel 2007 era solo del 60%. Non si tratta di un problema esclusivo degli Stati Uniti: che si tratti del debito societario francese, del debito pubblico italiano o del debito delle imprese statali cinesi, le statistiche aggregate del debito rispetto al PIL di tutte le principali economie mondiali sono aumentate, durante decenni di liquidità agevolata e di aumento dei prestiti.
Il conto, almeno per quanto riguarda il servizio, è ora molto più salato e, con il rifinanziamento dei debitori fino al 2023, è in scadenza. L'inasprimento monetario è stato un tema quasi globale, sia nei mercati sviluppati, che in quelli emergenti, negli Stati Uniti, in Europa, in America Latina e in Australasia.
Nelle nostre previsioni macroeconomiche continuiamo a considerare una recessione degli Stati Uniti come ipotesi di base per i prossimi 12 mesi. Le economie del G7, come la Germania e il Regno Unito, sono già in territorio di stagnazione/contrazione, quindi pensiamo che gli Stati Uniti si uniranno semplicemente a un rallentamento che è evidentemente già in corso.
È vero che il settore dei servizi e il mercato del lavoro hanno dimostrato una capacità di tenuta sorprendente, soprattutto negli Stati Uniti; tuttavia, l’inasprimento delle condizioni di finanziamento e gli effetti ritardati della stretta monetaria sembrano essere destinati ad avere la meglio sullo slancio economico residuo e sugli aggiustamenti strutturali post-Covid.
Quanto ai mercati finanziari, gran parte dell’attenzione si è focalizzata sulla misura in cui i tassi diventeranno restrittivi rispetto a R* (cfr. la nostra edizione speciale di Central Bank Watcher). A partire da marzo sembra che i tassi abbiano raggiunto R**, il tasso di interesse reale di (in)stabilità finanziaria1, ovvero, in parole povere, il livello al quale il sistema si rompe. L’inasprimento delle condizioni monetarie si ripercuote sia sull’economia reale che sui mercati finanziari.
Per quanto concerne i tassi, riteniamo che i rendimenti statunitensi potrebbero aver toccato un picco, dopo quello segnato probabilmente dai rendimenti britannici nello scorso autunno. Le curve dei rendimenti di Stati Uniti e Germania, inoltre, potrebbero aver raggiunto il punto di massima inversione prima del rapido irripidimento osservato nelle ultime settimane a fronte delle turbolenze che hanno colpito il settore bancario.
La recente volatilità ha generato alcune opportunità a breve termine (ad esempio, il restringimento degli spread swap sull'euro o il potenziale rialzo dei rendimenti dei beni rifugio nel breve periodo). Tuttavia, riteniamo che queste siano mosse di breve termine. Nel medio periodo, continuiamo a puntare sulle strategie volte a trarre vantaggio da una recessione che abbiamo delineato l’ultima volta (cfr. Investire in una recessione).
È sempre interessante scrivere un outlook a seguito di molti eventi e movimenti di mercato. Nel breve termine, in particolare per quanto riguarda gli spread creditizi, ci aspettiamo un percorso accidentato, con fasi di ritracciamento e rialzi dopo vari salvataggi governativi del settore bancario e acquisizioni di istituti in difficoltà da parte di “cavalieri bianchi”.
Non si rileva una particolare logica nella durata della ripresa dei mercati dopo queste notizie favorevoli: ad esempio, il salvataggio di Bear Stearns da parte di JP Morgan nel marzo 2008, provocò un rally di quattro mesi nei mercati del credito; il salvataggio di HBoS da parte di Lloyds ha visto una ripresa nel giro di poche ore. Questa volta l’esito potrebbe dipendere dalla percezione di “chi altro”, tra istituzioni finanziarie ed hedge funds in difficoltà, potrebbero causare ulteriore volatilità sui mercati.
I nostri colleghi del team del credito ritengono che il sistema bancario europeo sia al sicuro, ad eccezione di Credit Suisse. Il panorama delle banche regionali statunitensi sembra un po’ più complicato. In ogni caso, è possibile che emergano tensioni dovute all’aumento dei tassi d’interesse in altre parti del sistema non bancario (come abbiamo visto con gli LDI britannici lo scorso ottobre) o in strutture del sistema bancario ombra caratterizzate da disallineamenti di durata o di liquidità.
Tali disallineamenti sono di solito seguiti da incidenti e, che si tratti di società immobiliari o di strutture finanziarie altamente indebitate, ci sono molte possibilità che si verifichi una cattiva gestione.
In definitiva, quando 40 anni di aumento del debito pubblico e privato si scontrano con il più brusco aumento dei tassi d’interesse degli ultimi 12 mesi, la probabilità che si verifichino incidenti è elevata; la domanda da un milione di dollari è: dove si verificheranno esattamente? Per le allocazioni top-down e la costruzione del portafoglio, i dettagli sono meno importanti dell’insieme. Le implicazioni per il posizionamento del portafoglio nel medio-lungo termine sono evidenti: curve più ripide, rendimenti più bassi e opportunità di investire in prodotti con spread a livelli recessivi.
Nota in calce
1Discussion of The Financial (In)Stability Real Interest Rate, R** (newyorkfed.org)
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