31-05-2023 · Visione

La Finlandia mantiene il titolo di paese più sostenibile

Le nazioni nordiche e l’UE si confermano ai primi posti in termini di sostenibilità. Altrove, l’invecchiamento della popolazione, il cambiamento climatico e una governance poco lungimirante ostacolano la performance.

    Relatori

  • Paul Ruijs - Impact Specialist

    Paul Ruijs

    Impact Specialist

  • Rikkert Scholten - Strategist

    Rikkert Scholten

    Strategist

La Finlandia ha superato di poco la Svezia, riconquistando il titolo di paese più sostenibile al mondo. La Danimarca si è aggiudicata il gradino più basso del podio a scapito della Norvegia, mentre a chiudere la top five dell'edizione primaverile del Country Sustainability Ranking troviamo ancora una volta la Svizzera.

Grazie alle cinque posizioni conquistate rispetto al ranking di ottobre, la Nuova Zelanda è riuscita a entrare in una top-ten solitamente dominata dai paesi europei, seguita al numero 11 niente meno che da un mercato emergente come l’Estonia. Il piccolo Stato baltico, infatti, ha mantenuto una performance di sostenibilità nettamente superiore a quella di economie europee ben più grandi come l'Irlanda (n. 12), il Regno Unito (n. 13), la Francia (n. 15), il Lussemburgo (n. 14) e il Belgio (n. 24).

Inoltre, i criteri climatici ed energetici diventano sempre più significativi. Sebbene alcuni paesi stiano facendo progressi, i punteggi ambientali continuano a pesare sulle prestazioni di molte nazioni del G20, tra cui Canada (n. 16), Giappone (n. 17) e Australia (n. 21). Per contro, una migliore biodiversità e efficienza idrica hanno contribuito a far risalire leggermente gli Stati Uniti fino al n. 36.

Sudan, Ciad e Libia in Africa e Iraq, Iran e Yemen in Medio Oriente chiudono la parte bassa della classifica dei 150 paesi.

Figura 1 | La mappa globale della sostenibilità per paese¹

Figura 1 | La mappa globale della sostenibilità per paese¹

Fonte dei dati: Robeco, punteggi di sostenibilità per paese ad aprile 2023. I paesi hanno colori diversi in base ai punteggi ESG.

Il crollo della Turchia

Gli altissimi livelli di inflazione e la catastrofe del terremoto hanno contribuito a galvanizzare l’opposizione turca, portandola vicinissima a far cadere il vecchio regime. Ma nonostante la formidabile sfida lanciata, gli oppositori non sono riusciti a liberare la Turchia dalla morsa di Erdoğan. Il deterioramento della posizione ESG del paese, da decenni in ritardo rispetto agli altri mercati emergenti, è destinato quindi a proseguire.

La morsa autoritaria del presidente ha indebolito le istituzioni culturali, politiche ed economiche del paese, rendendole impreparate a gestire un pericoloso mix di rischi ambientali, sociali e politici latenti, tra cui figurano l'aumento delle emissioni, l'invecchiamento della popolazione, la riduzione dei diritti dei lavoratori, la limitazione delle libertà individuali e la corruzione dilagante.

La morsa autoritaria del presidente ha indebolito le istituzioni culturali, politiche ed economiche del paese, rendendole impreparate a gestire un pericoloso mix di rischi ambientali, sociali e politici latenti

Autocrazia vs democrazia

Oltre che in Turchia, la democrazia è sotto attacco in diverse regioni del mondo, tra cui Perù e Brasile (Sud America), Etiopia e Tunisia (Africa) e Myanmar e Thailandia (Sud-Est asiatico). Anche se si tratta di semplici scaramucce a confronto con l'invasione dell'Ucraina da parte della Russia...

Nel frattempo, la straordinaria crescita economica della Cina ha messo in discussione il mito della superiorità della democrazia rispetto ai regimi autocratici. Una nuova ricerca del FMI confuta queste affermazioni, dimostrando che solo una democrazia forte fornisce le basi necessarie a stimolare l'innovazione, a far progredire lo sviluppo economico e a contrastare le avversità attraverso la resilienza. Inoltre, dai recenti risultati di Freedom House si evince che, dopo due decenni, il declino della democrazia potrebbe aver raggiunto il nadir.

L'invecchiamento demografico del Giappone: una piramide rovesciata

Con quasi un terzo della popolazione di età superiore ai 65 anni e uno dei tassi di fertilità più bassi al mondo, il Giappone deve affrontare una sfida demografica di proporzioni invertite. Gli anziani hanno un indice di dipendenza demografica del 51,2%, inferiore solo a quello di un Principato di Monaco assolato e senza tasse.

L'invecchiamento demografico comporta gravi rischi per le finanze pubbliche, che il Giappone non può permettersi. Il debito pubblico, infatti, è stimato al 258% del PIL per il 2023 e addirittura al 264% per il 2028 (quasi il doppio rispetto a quello degli Stati Uniti).2

Figura 2 | L'invecchiamento demografico del Giappone: una piramide rovesciata

Figura 2 | L'invecchiamento demografico del Giappone: una piramide rovesciata

Il grafico mostra la distribuzione per età del Giappone nel 1950 e nel 2020 e una proiezione per il 2050 basata sulle attuali tendenze demografiche. La maggior parte della popolazione sale verso le fasce di età più avanzata, formando una piramide rovesciata.

Fonte: Robeco, Divisione per la popolazione dell’ONU

Australia, ambizione climatica rinnovata

Inondazioni e siccità catastrofiche colpiscono l'Australia con crescente regolarità, spingendo il governo a intensificare gli sforzi per combattere il cambiamento climatico. Nel 2022, l'Australia ha aderito all'Impegno globale sul metano nei settori dei rifiuti e dell'energia, ha aumentato i Contributi determinati a livello nazionale (NDC) originariamente stabiliti dall'Accordo di Parigi e ha inserito piani di riduzione delle emissioni nella legislazione nazionale. Quest'anno, per ridurre le emissioni delle aziende altamente inquinanti, sta vietando il ricorso alla compensazione di carbonio.

[In Australia], per accelerare e rendere agevole la transizione, i lavoratori vanno riqualificati e trasferiti rapidamente dal settore dei combustibili fossili a quello dell'energia pulita

L'Australia resta uno dei maggiori produttori di emissioni di carbonio al mondo e, pur muovendosi nella direzione giusta, ha ancora molta strada da fare3 (cfr. Figura 3). L'energia domina le esportazioni e genera quasi la metà (47%) delle emissioni totali nazionali. Il passaggio alla produzione rinnovabile (dall'attuale 27% all'82% nel 2030) comporterà elevati costi sociali. Per accelerare e rendere agevole la transizione, i lavoratori vanno riqualificati e trasferiti rapidamente dal settore dei combustibili fossili a quello dell'energia pulita.

Figura 3 | L'Australia fanalino di coda rispetto agli altri paesi dell'OCSE in termini di clima ed energia

Figura 3 | L'Australia fanalino di coda rispetto agli altri paesi dell'OCSE in termini di clima ed energia

Il grafico mostra la performance dell'Australia in termini di “Clima ed energia" rispetto a quella dei
principali paesi dell'OCSE e la media dell'OCSE composta da 37 Paesi.

Fonte dei dati: Robeco, dati ad aprile 2023.

Il potenziale non sfruttato del Sudafrica

Grazie ai piccoli progressi fatti in termini di biodiversità, invecchiamento e stabilità politica, Cina, India e Brasile sono leggermente migliorati nei punteggi e nel ranking. Tuttavia, nessuno dei paesi del blocco dei BRIC va oltre la seconda metà della classifica, restando ben al di sotto del proprio potenziale ESG. A essere in difficoltà è soprattutto il Sudafrica.

Nell'ultimo anno, il paese ha dovuto affrontare una serie di crisi. Le carenze infrastrutturali hanno paralizzato le forniture di energia elettrica, condizioni meteorologiche estreme hanno provocato carenze di approvvigionamento idrico e dalle lotte tra fazioni sono scaturiti i peggiori disordini dal crollo dell'apartheid. Nel frattempo, la pandemia di Covid e le continue tensioni geopolitiche all'estero hanno ostacolato le importazioni di cibo, esacerbato le già dilaganti disuguaglianze di reddito e rallentato sia la crescita economica sia lo sviluppo.

Il paese, un tempo simbolo della potenza economica dei mercati emergenti, da decenni non riesce a risolvere i gravi problemi che ne ostacolano la crescita, tra cui un alto tasso di disoccupazione, la corruzione dilagante e i troppo pochi investimenti nelle infrastrutture fisiche e sociali. In oltre cinque anni di mandato, l'attuale presidente Cyril Ramaphosa non è riuscito ad attuare riforme significative, tanto che le prestazioni del paese in termini di sostenibilità e il rating sovrano sono in costante declino dagli inizi del 2009.4

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Footnotes

1 Il ranking e i punteggi completi sono disponibili gratuitamente tramite il portale SI Open Access di Robeco. Per ulteriori informazioni, consultare il sito web globale di Robeco.
2 Mappa del debito del FMI, https://www.imf.org/external/datamapper/GGXWDG_NGDP@WEO/JPN/CHN/DEU/USA
3 In base alle medie OCSE.
4 Nel 2007 e per gran parte del 2008, il Sudafrica ha avuto un rating del credito pari a investment grade. Attualmente il paese è classificato come sub-investment da Fitch (BB-), S&P (BB-) e Moody's (Ba2).

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