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Rifiuto

08-07-2024 · Previsioni mensili

I mercati emergenti soffieranno fuoco nell’Anno del Dragone?

Gli asset dei mercati emergenti rimangono sottovalutati rispetto agli omologhi dei mercati sviluppati, ma secondo l’investitore multi-asset Aliki Rouffiac un loro rerating dipende dagli eventi di quest’anno negli Stati Uniti.

L’Outlook mensile completo è disponibile qui


Sommario

  1. Gli asset dei mercati emergenti hanno generalmente sottoperformato quelli dei mercati sviluppati

  2. Le variazioni dei tassi USA e e l’impatto sul dollaro saranno fondamentali nel 2024

  3. Le economie orientate all’esportazione sono in una posizione migliore per beneficiare della crescita mondiale

L’asset class è da tempo considerata il Far West – o forse più precisamente il Far East – dagli investitori intenzionati a diversificare i portafogli, in particolare da quando i mercati sviluppati sono stati colpiti prima dal Covid e poi dalle conseguenze inflazionistiche della guerra in Ucraina.

Benché occasionalmente abbiano dato buoni frutti grazie alla crescente influenza della Cina, nella maggior parte dell’ultimo decennio le azioni dei mercati emergenti hanno prodotto risultati deludenti. Anche le valute hanno segnato il passo, in quanto il dollaro USA ha beneficiato dell’eccezionalità degli Stati Uniti, mentre il debito emergente è molto vulnerabile all’aumento dei tassi d’interesse.

Nel decennio terminato a fine giugno 2024, l’azionario dei mercati emergenti ha sottoperformato quello dei mercati sviluppati del 7% in media all’anno. Come si vede nel grafico che segue, dopo aver sovraperformato negli anni 2000, a partire dal 2010 i mercati emergenti hanno smesso di tenere il passo con gli omologhi sviluppati.

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Fonte: Robeco, Bloomberg, Refinitiv Eikon. Dati aggiornati al maggio 2024.

Il rafforzamento del biglietto verde si è inoltre tradotto in una sottoperformance del 6% all’anno per le valute delle economie emergenti, sulla base dei rendimenti relativi del JPM Emerging Market Currency Index rispetto al dollaro statunitense.

Più appetibili le opportunità nell’obbligazionario, dove i rendimenti del 6,6% del GBI-EM Global Diversified Local Currency Index sono nettamente superiori al 3,4% offerto dai titoli di Stato dei mercati sviluppati globali. Tuttavia, il divario tra i due si sta riducendo, dato che nell’ultimo anno le banche centrali di tutto il mondo hanno effettuato diversi rialzi dei tassi.

Entra il Dragone

Si può dunque sperare che i mercati emergenti soffino finalmente fuoco nell’Anno del Dragone? “Nonostante i migliori tassi di crescita registrati dalle economie in via di sviluppo nell’ultimo decennio, i mercati emergenti non hanno prodotto sovraperformance degne di nota in alcun segmento dell’azionario, dell’obbligazionario e dei mercati valutari”, afferma Rouffiac, Portfolio Manager di Robeco Sustainable Multi-Asset Solutions.

“I catalizzatori utili a capire se l’Anno del Dragone si rivelerà il punto di svolta per gli asset emergenti potrebbero manifestarsi nel corso del secondo semestre del 2024, creando un contesto più favorevole per le performance future.”

“I differenziali di crescita hanno storicamente condotto a una sovraperformance dell’azionario nei mercati emergenti, e la recente inversione di tendenza verso livelli più favorevoli va letta come un potenziale fattore di sostegno per questi titoli.”

Cosa farà il dollaro USA?

Molto dipende anche dal poderoso biglietto verde e dal suo andamento a fronte di eventuali tagli dei tassi della Fed. Di solito una riduzione dei tassi rende la valuta nazionale meno appetibile per gli investitori esteri, e dunque indebolirebbe il dollaro rispetto alle valute dei mercati emergenti. Questo giova soprattutto alle molte nazioni in via di sviluppo che producono materie prime vendute sui mercati mondiali in dollari.

“Dal punto di vista tattico, l’andamento del dollaro sarà un fattore importante per gli asset dei mercati emergenti, che siano azioni o obbligazioni”, osserva Rouffiac. “Con l’avvio del ciclo di allentamento della Fed, la prospettiva di riduzioni dei tassi graduali e poco pronunciate nei prossimi 12 mesi in un contesto economico favorevole sarebbe propizia alla performance degli asset dei mercati emergenti.”

“Nel frattempo, la traiettoria e la velocità della discesa dell’inflazione verso livelli più sostenibili intorno al 2% potrebbero creare i presupposti per politiche più accomodanti, tutto questo in una fase in cui l’attenzione resta puntata su elezioni (come quelle statunitensi, in particolare) che potrebbero riattizzare la volatilità a breve termine e creare opportunità nell’universo emergente.”

Cina vs resto del mondo

La Cina continua a giocare un ruolo di primo piano nella performance complessiva dell’asset class, avendo una ponderazione del 25% nell’MSCI EM Index, il che comporta una notevole divergenza con il resto dell’indice una volta escluso il colosso asiatico. Il divario di performance tra le azioni cinesi e quelle di tutti gli altri mercati emergenti, Cina esclusa, registrato dai tempi del Covid ha raggiunto quasi il 50%.

Ciò può essere in parte attribuito a fattori interni, come le difficoltà incontrate dal mercato immobiliare cinese. Tuttavia, lo scarto è dovuto anche alle diverse strutture del mercato, poiché l’indice azionario cinese è nettamente sottoesposto al settore tecnologico – uno dei principali beneficiari del boom dell’IA – con un’esposizione di appena il 5,9% a fronte del 31,5% circa dell’MSCI EM ex-China Index.

La divergenza è visibile anche nel fatto che la correlazione tra l’MSCI EM ex-China Index e i mercati azionari occidentali è salita quasi al 70% negli ultimi 12 mesi, ma è scesa al 56% rispetto al mercato azionario cinese.

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Un profilo più favorevole

“In termini di rischio, la convergenza della volatilità dei mercati emergenti e sviluppati nell’ultimo anno ha creato un profilo pi favorevole per l’azionario emergente”, rileva Rouffiac. “La mutevole dinamica delle correlazioni nell’universo emergente riflette i diversi gradi di diversificazione di queste esposizioni nei portafogli azionari globali.”

“In un’ottica futura, le valutazioni offrono ancora un valido motivo per preferire l’azionario emergente a quello dei mercati sviluppati, giacché l’MSCI EM ex-China Index è scambiato con uno sconto del 25% in termini di multipli prospettici, mentre le valutazioni cinesi, scontate del 40% rispetto a quelle occidentali, sono vicine a un minimo ventennale.”

“A ben vedere, sembra che ci siano tutti i presupposti per realizzare rendimenti relativi interessanti sul medio periodo, mentre la recente inversione del ciclo manifatturiero globale – gli indici PMI globali hanno superato quota 50 dall’inizio dell’anno – potrebbe creare un contesto più favorevole alla generazione di utili. Ciò vale in special modo per le economie orientate all’esportazione con un’ampia base manifatturiera, che sono in una posizione migliore per trarre vantaggio da un rafforzamento delle prospettive di crescita globale.

Tutto dipende dalla Fed

Tuttavia, molto dipende da cosa accadrà in Occidente, in linea con il detto secondo cui se l’America starnutisce, il resto del mondo prende il raffreddore. Ciò si applica in particolare al debito dei mercati emergenti, che è più sensibile a quanto accade negli USA piuttosto che nelle rispettive economie locali.

“Il complesso dei rischi nell’obbligazionario emergente dipende dalla rapidità e dall’entità della svolta della politica monetaria verso un assetto più accomodante”, sostiene Rouffiac. “Gli Stati Uniti conducono chiaramente le danze e dettano il tono riguardo all’attrattiva generale del debito emergente in valuta locale.”

“Nonostante il rendimento più elevato dell’indice di obbligazioni emergenti in valuta locale, la svolta verso un contesto di tassi più bassi negli USA sarà determinante per la performance dell’asset class nel resto dell’anno. Gli investitori dovranno privilegiare i paesi in cui le opportunità di carry sono sufficienti a compensare l’incertezza a breve termine, un processo di disinflazione probabilmente più lento e premi potenzialmente più alti a causa delle prossime elezioni statunitensi.”

“Analogamente, vista la volatilità relativamente contenuta mostrata dai tassi di cambio dall’inizio dell’anno, le valute più convenienti e sottopesate nei portafogli dovrebbero evidenziare un andamento migliore rispetto al dollaro USA per effetto della normalizzazione dei differenziali di interesse in linea con il ritmo e i tempi dei futuri tagli dei tassi.”

L’Outlook mensile completo è disponibile qui